Quesito: Vorrei sapere: quali sono le circostanze per le quali si può chiedere di rivedere le condizioni di separazione o divorzio? La crisi economica innescata dalla pandemia può giustificare una riduzione o l’eliminazione dell’assegno all’ex?
Risposta: Il giudice, su domanda, può modificare i provvedimenti emessi in sede di separazione o di divorzio solo per sopravvenuti giustificati motivi. A prevederlo sono, rispettivamente, gli articoli 156 del Codice civile e 9, coooma 1, della legge 898/70. Del resto, statuizioni ed accordi omologati fanno riferimento alla situazione esistente al momento della divisione coniugale per cui, se cambi sensibilmente, se ne potrà chiedere il riesame per adeguare – secondo un vaglio comparativo delle condizioni delle parti (Cassazione 1119/2020) – l’importo o lo stesso obbligo contributivo al quadro attuale. Non si procederà, pertanto, ad una nuova ponderazione di fatti già esaminati ma si accerterà se, ed in che misura, gli eventi sopravvenuti abbiano alterato gli equilibri così da bilanciare gli impegni economici con il mutato assetto (Cassazione 22269/2020).
E’ chiaro, perciò, che anche la flessione delle entrate causata dal rispetto delle misure di contenimento dettate dall’emergenza sanitaria potrà aprire il varco al ricalcolo dell’assegno che, tuttavia, “peserà” – come ogni circostanza – solo se abbia stravolto le dinamiche. Indicazioni preziose arrivano dai giudici che, per esempio, sollecitano il riesame delle condizioni di divorzio se la beneficiaria dell’assegno acquisisca un’eredità e l’obbligato, risposatosi, debba affrontare maggiori spese familiari (Cassazione 10647/2020).
Assegno all’ex coniuge, ricalcolo con il Covid solo per gravi perdite revocato, invece, per la divorziata capace di mantenersi se l’ex marito sia andato in pensione (Cassazione 6386/2019) o per chi abbia instaurato una convivenza stabile che lasci presumere un reciproco sostegno finanziario fra partners (Cassazione 16982/2018, Tribunale di Savona 150/2019). Ma l’assegno viene confermato per la sessantenne nullatenente e mai impiegatasi, viste le astratte e remote chances di ripartire da zero (Cassazione 4523/2019), per la madre occupatasi di un faticoso ménage domestico e della cura del figlio autistico (Cassazione 1882/2019) e per l’ex dell’avvocato di cui, nonostante i pochissimi clienti e il modesto reddito, possa dedursi una certa ricchezza (Cassazione 975/2021).
Va da sé come nette variazioni – quali un licenziamento o gravi patologie che riducano o azzerino le capacità lavorative – legittimino un riconteggio, per ripianare gli scompensi ed evitare l’ingiusto arricchimento di chi fruisce del sostegno.
Ad incidere, altresì le sorti del godimento dell’abitazione coniugale o la nascita di altri figli da nuove relazioni se siano eventi tanto significativi da rendere impossibile o troppo onerosa la prestazione. Ovviamente, si terrà conto della condotta di chi voglia liberarsi dall’assegno o ne chieda la riduzione. Si pensi all’ipotesi in cui lamenti un crollo dei redditi. E’ intuibile che il giudice darà più rilievo ai casi in cui il declino derivi dall’insorgere di una grave malattia che a quelli in cui sia dipeso da scelte scellerate.
Comunque, non sarà sufficiente attestare la perdita di un cespite o la chiusura di un’attività se non si provi che da ciò sia derivata la concreta ed irrecuperabile riduzione delle proprie risorse. Così, all’esercente, al cassaintegrato o al professionista messi in stand-by dalle regole anti Covid-19 non basterà schermarsi dietro lo stallo pandemico per sfuggire agli obblighi ma si esigerà una prova rigorosa della irreversibilità e totalità del deficit. Ad ogni modo, spetterà sempre al giudice ritoccare o eliminare l’assegno di mantenimento o divorzile poiché ridurlo o sospenderlo arbitrariamente può costare una condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare (articolo 570 del Codice penale) ed inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità (articolo 650 del Codice penale).