Imprese che gestiscono interfacce elettroniche

Per rendere più efficiente la riscossione dell'Iva , le aziende che gestiscono marketplace o piattaforme, dal 1° luglio 2021, verranno considerate, ai fini Iva, fornitori di beni venduti ai clienti nell'Ue.

Tra le novità introdotte dalle Direttive (Ue) 2017/2455 e 2019/1995 (che vanno a modificare la Direttiva 2006/112/CE) vi è quella che riguarda i c.d. marketplace. Dal 1° luglio 2021 le aziende che gestiscono interfacce elettroniche, come marketplace o piattaforme, saranno considerate ai fini dell'Iva, in determinati casi, come fornitori di beni venduti ai clienti nell'Ue e, di conseguenza, saranno obbligate a versare l’imposta su queste vendite. La nuova disciplina trova la sua ratio nella necessità di rendere più efficiente la riscossione dell’Iva e semplificare gli oneri amministrativi in capo ai soggetti coinvolti, fornitori e privati consumatori, nonché in capo alle Amministrazioni fiscali. Sul tema, al fine di fornire l’interpretazione corretta di tali norme, lo scorso settembre è intervenuta la Commissione Europea con le citate Note esplicative. Riassumendo, i punti principali della nuova disciplina (articolo 14 bis Direttiva 2006/112/CE) sono i seguenti:

a. se un soggetto passivo tramite marketplace facilita le vendite a distanza di beni importati da Paesi extraUe di valore non superiore a 150 euro, si considera che lo stesso soggetto passivo in questione abbia ricevuto e ceduto detti beni. Mentre per un valore superiore, è richiesta ai fini doganali al momento dell’importazione una dichiarazione doganale completa (par. 1);

b. se lo stesso soggetto passivo tramite marketplace facilita le cessioni di beni effettuate nell’Ue da un soggetto passivo non stabilito nell’Ue a una persona che non è soggetto passivo, si considera che lo stesso soggetto passivo che facilita la cessione abbia ricevuto e ceduto detti beni (par. 2).

In entrambi i casi, la vendita del prodotto dal fornitore al consumatore attraverso la piattaforma digitale, per fictio iuris, è suddivisa in due operazioni:

1. la cessione dal cedente all’interfaccia elettronica (cessione B2B);

2. la cessione dall’interfaccia al consumatore finale (B2C).

Il trasporto, o la spedizione, dei beni è imputato a quest’ultima operazione (B2C), mentre la prima cessione (B2B) è esente, con il diritto per il fornitore di detrarre l’Iva versata a monte per l’acquisto o l’importazione dei beni ceduti.

Venendo alle modalità di fatturazione, consideriamo dapprima la “presunta” vendita dal fornitore alla piattaforma elettronica (B2B):

› nel caso di vendita a distanza di beni importati (caso sub lettera a), poiché trattasi di una cessione che ha luogo fuori dall’Unione europea, le regole della Direttiva Iva non si applicano. Di conseguenza, non esiste l’obbligo per il fornitore di emettere la fattura;

› laddove si verifica una vendita di beni all’interno dell’Ue (caso sub lettera b), il fornitore deve emettere fattura secondo le regole Iva dello Stato membro dove i beni si trovano al momento del trasferimento non imponibile ai fini Iva. È possibile, se l’ordinamento dello Stato membro da cui partono i beni lo prevede, l’emissione di un’autofattura da parte della piattaforma. Quanto al secondo passaggio ovvero la cessione dalla piattaforma elettronica al consumatore finale, per l’emissione della fattura:

› nel caso di vendita a distanza di beni importati (caso sub lettera a), si applicano le regole della Direttiva Iva, la quale, in realtà, non prevede alcun obbligo di emettere una fattura Iva per le forniture B2C e quindi neppure in questo caso. Tuttavia, gli Stati membri possono ancora imporre un obbligo di emissione della fattura mentre le autorità di confine possono richiedere una documentazione utile ai fini doganali avente la stessa funzione della fattura;

› infine, per la vendita di beni all’interno dell’Ue (caso sub lettera b), può verificarsi sia una cessione interna sia una vendita a distanza intraUe.

Per quanto riguarda le forniture domestiche tramite l'interfaccia elettronica, non vi è obbligo emettere la fattura trattandosi di un’operazione B2C. Anche per quanto riguarda le vendite a distanza intraUe di beni, se viene utilizzato il sistema Oss, non c’è l’obbligo di fatturazione. Ma qualora la piattaforma elettronica decidesse di certificare l’operazione con una fattura, si applicherebbero le regole dello Stato membro nel quale la piattaforma è registrata all’Oss.

Se, invece, la piattaforma non opera attraverso l’Oss, la fattura deve essere obbligatoriamente emesse e seguirà le regole dello Stato membro in cui la cessione si considera effettuata. In entrambi i casi la piattaforma dovrà addebitare l’Iva sui beni venduti nello Stato membro di consumo e ivi versare l’imposta alle autorità fiscali.

Le comunicazioni Iva dei Marketplace Emersione e monitoraggio del volume di affari Iva nel campo degli scambi commerciali a distanza Ue ed Extra-Ue, che le piattaforme di marketplace contribuiscono a facilitare, ponendo a carico di queste ultime determinati oneri di comunicazione: con questa finalità, l’articolo 34 del Dl 34 del 2019 (c.d. decreto Crescita) ha così parzialmente anticipato la piena operatività della direttiva 2017/2455 stabilita al prossimo 1° luglio 2021. Il gestore della piattaforma viene infatti considerato debitore d'imposta per le vendite a distanza, comprese quelle di beni unionali, per le quali non ha trasmesso, o ha trasmesso in modo incompleto, i relativi dati: la direttiva limiterà invece la responsabilità Iva in capo soggetti passivi che “facilitano” le vendite a distanza, unicamente in relazione ai beni importati da territori terzi o Paesi terzi con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro.

L’adempimento nazionale di comunicazione “nazionale” è stato prorogato al 30 giugno 2021 rispetto all’attuale scadenza di fine 2020, dal decreto Milleproroghe 2020 (legge 183/2020). L’articolo 13 del decreto Crescita ha previsto il “coinvolgimento”, ai fini della riscossione dell’Iva, dei soggetti passivi che, avvalendosi di piattaforme elettroniche, facilitano la vendita a distanza di beni importati (quindi extra Ue) o già presenti nella Ue (intra Ue). Tali soggetti sono tenuti a comunicare telematicamente all’agenzia delle Entrate, per ciascun trimestre dell’anno solare ed entro la fine del mese successivo al trimestre stesso, alcuni dati relativi a ciascun fornitore che ha effettuato almeno una vendita nel trimestre di riferimento.

Più precisamente, vanno trasmesse le informazioni relative a: denominazione o dati anagrafici completi, residenza o domicilio, codice identificativo fiscale ove esistente, indirizzo di posta elettronica; numero totale delle unità vendute in Italia; a scelta del soggetto passivo, per le unità vendute in Italia l'ammontare totale dei prezzi di vendita o il prezzo medio di vendita. La mancata o incompleta trasmissione sposta il debito di imposta in capo al gestore del marketplace. In caso di erronea o mancata trasmissione dei dati, per evitare di essere considerati debitori, i facilitatori devono dimostrare che l’imposta è stata comunque assolta dal fornitore. In caso invece di invio di dati incompleti, si dovrebbe disporre della documentazione atta a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per la corretta rilevazione e individuazione dei dati presenti sulla piattaforma digitale. Con la circolare 13/E/2020 l’agenzia delle Entrate ha precisato come, a fini probatori, possa essere esibita ogni idonea documentazione circa il versamento dell’imposta, quali modelli F24, documentazione bancaria o dichiarazioni fiscali. I dati oggetto della comunicazione sono comunque solo quelli effettivamente presenti sulla piattaforma e comunicati digitalmente dal fornitore in relazione alle vendite a distanza facilitate dalla piattaforma.

Fonte: Il Sole 24 Ore