Se la pandemia costringe a rimandare il matrimonio

Quesito: Io e la mia compagna avevamo deciso di sposarci a giugno 2020 (versando una prima caparra al ristorante) ma, a causa dell’emergenza coronavirus, abbiamo dovuto rimandare a giugno del 2021 (versando una seconda caparra). Poiché non manca molto tempo alla cerimonia, potremmo rimandare un’altra volta il matrimonio al 2022, considerando che purtroppo non c’è ancora chiarezza sulla regolamentazione dei protocolli di sicurezza sanitaria delle cerimonie, sul numero degli invitati e sulle distanze da rispettare.

Il ristoratore può rifiutare di concederci il rinvio? Nel caso di una sua risposta negativa, posso chiedergli la restituzione di quanto versato come caparra?

Risposta: Come disposto dall’articolo 91 del Dl 18/2020 (“cura Italia”), qualora, per la necessità di rispettare le misure di contenimento della pandemia, un debitore si trovi nell’impossibilità di adempiere regolarmente alla prestazione pattuita, egli non potrà essere ritenuto responsabile del conseguente inadempimento o ritardo, e ciò anche con riferimento a eventuali penali o decadenze contrattuali.

Nel caso in esame, la suddetta norma è valida tanto per lui quanto per il ristoratore e quindi, se la celebrazione del matrimonio risulterà impedita dal perdurare dello stato di emergenza, entrambe le parti potranno invocare la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, con restituzione degli importi eventualmente già corrisposti a titolo di caparra o acconto. La richiesta di risoluzione può essere formalizzata anche in anticipo rispetto alla data prevista per la cerimonia, purché sia oggettivamente possibile ritenere che il tempo a disposizione per organizzare in sicurezza la cerimonia sia del tutto insufficiente.